Mercoledì 20 novembre 2024 l’aula del Senato in seduta ha approvato il Disegno di Legge Relativo a nuove norme relative alla circolazione stradale. Come è noto agli osservatori attenti dell’attività legislativa questo disegno di legge il cui iter era iniziato a giugno del 2023, conteneva l’ennesimo intervento del legislatore sulla Micromobilità Elettrica.
In cinque anni il Parlamento è intervenuto sulla materia per cinque1 volte ma sempre modificando la stessa legge e senza mai inquadrare del tutto la Micromobilità nell’ambito delle norme generali sulla circolazione stradale, e senza mai varare un testo autonomo o modificando la legge a testo unico che tutti chiamiamo “Codice della strada”.
Quest’ultimo intervento modifica profondamente l’utilizzo dei dispositivi di Micromobilità, innanzitutto per quel che riguarda i monopattini e in seconda battuta anche per quel che riguarda la monoruota.
Nelle righe che seguono, dopo una premessa, mi occuperò innanzitutto di valutare l’impatto e la legittimità della circolazione con una monoruota sulle strade d’Italia, e in seconda battuta le conseguenze che riguardano i monopattini.
Premessa
È necessario scrivere alcune righe introduttive sul tema, riprendendo cose che ho già scritto (qui sulla monoruota, mentre qui invece sulla Micromobilità).
I mezzi di micromobilità sono tra noi e nelle città del mondo dal primo quinquennio del duemila, il legislatore italiano se ne è occupato a livello amministrativo sin dall’inizio occupandosi di classificare il Segway e poi la monoruota con proprie circolari ministeriali.
Nel 2019 poi si è intervenuto con un Decreto Ministeriale che ha definito i mezzi e li ha autorizzati a circolare nell’ambito di una sperimentazione.
A fine del 2019 il mezzo più popolare e diffuso della micromobilità, il monopattino elettrico, è stato equiparato al velocipede per impulso di un senatore che è riuscito ad inserire il comma 75 nella Legge Finanziaria in corso di approvazione.
Si trattava di un provvedimento ostile alla maggioranza politica, ma che coincideva con le prospettive e le intenzioni del partito più importante della maggioranza politica di allora (il così detto “Movimento 5 Stelle”).
Il partito di maggioranza, tuttavia, non ha inteso difendere questo provvedimento ed ha assistito a due interventi di limitazione: uno nel febbraio 2020 ed uno nel novembre 2021.
Si è così cristallizzata la posizione politica di partiti schierati a destra della presidenza parlamentare del tutto ostili ai mezzi di micromobilità elettrica e del tutto favorevoli alla loro eliminazione o alla loro limitazione il più possibile ampia. Entrambi i provvedimenti che sono stati scritti non hanno mai tenuto conto dei dati di fatto che, lentamente, si sono accumulati, e hanno consentito delle prime analisi.2
Gli interventi legislativi, tuttavia, hanno modificato il comma 75 della Legge Finanziaria, e hanno al tempo stesso aggiunto molti commi successivi senza spostare le norme in un altro ambito e senza renderlo una parte concreta delle norme sulla circolazione stradale.
Gli interventi sulla Micromobilità elettrica sono contenuti nell’articolo 14 della Legge 177 del 25 novembre 2024, pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 29 novembre 2024.
L’articolo 14 coincide in tutto con il Titolo II e con il Capo I della legge. Ed è composto da due commi. Con il primo comma si modificano i commi 75 e seguenti della Legge finanziaria del 2020 anche inserendo dei nuove disposizioni in nuove norme, il secondo comma invece pare riguardare gli altri mezzi della micromobilità e non modifica alcuna legge ma inserisce una disposizione di carattere nuovo.
La monoruota
Nel testo della Legge non si cita mai il mezzo, ho il sospetto (suffragato dalla lettura di tutto il fascicolo del disegno di legge e di tutti i resoconti stenografici della discussione di questa legge) che nessuno dei Parlamentari che si è occupato di micromobilità sappia concretamente che questo mezzo esiste, come funziona e come viene utilizzato. Il secondo comma già indicato sopra infatti si riferisce a tutto ciò che non è monopattino o che non è un monopattino “a norma”. Questo il testo del comma:
Chiunque circola con un dispositivo di micromobilità elettrica, diverso dai monopattini, avente caratteristiche tecniche e costruttive non conformi a quelle definite con apposito decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, ovvero fuori dell’ambito territoriale della sperimentazione di cui al medesimo decreto, è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 200 a euro 800. Alla violazione consegue la sanzione amministrativa accessoria della confisca del dispositivo, ai sensi del titolo VI, capo I, sezione II, del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, quando il dispositivo ha un motore termico o un motore elettrico avente potenza nominale continua superiore a 1 kW
Innanzitutto viene ribadito quanto già era stato illustrato nel primo comma: cioè che il vecchio Decreto Ministeriale del 4 giugno 2019 dovrà essere sostituito da un nuovo decreto il cui rinvio diventa automatico e che potrà essere modificato senza intervenire sulla Legge.
In secondo luogo sembra potersi leggere che l’intento, forse inconsapevole, è prevedere come unico mezzo della micromobilità il monopattino, la sensazione che questo intento, quand’anche esista è inconsapevole è provocata dal fatto che questo comma non è una novità del tema della micromobilità, il testo di questo comma è quasi identico a quello del vecchio comma 75-quinquies che è esistito tra il marzo 2020 e il novembre 2021 le uniche sostanziali differenze sono:
in coerenza con la scelta, il riferimento ad un Decreto Ministeriale Generico;
un aumento (il doppio) delle sanzioni;
un dimezzamento della potenza massima consentita che provoca la sanzione accessoria della confisca.3
Il legislatore però, da Licurgo in poi, ha l’obbligo di procedere con affermazioni chiare. Se l’intento fosse stato vietare gli altri mezzi di micromobilità elettrica era facile scrivere una norma differente che in modo esplicito lo facesse. Quindi poiché la norma non fissa un divieto diventa compito dell’utente interpretarla e decidere come ci si può comportare. Nei due paragrafi che seguono provo ad ipotizzare come può essere interpretato il testo di questo comma e quindi le conseguenze che ciascuna interpretazione comporta.
Solo monopattini legali
Il testo presenta ambiguità sintattiche e grammaticali:
Chiunque circola con un dispositivo di micromobilità elettrica, diverso dai monopattini, avente caratteristiche tecniche e costruttive non conformi (…)
Se le virgole devono essere intese come stilistiche sostituzioni di e coordinative, allora si deve intendere che è consentito circolare solo con un monopattino che abbia caratteristiche tecniche e costruttive non conformi. Se ne deve dedurre quindi che il nuovo Decreto Ministeriale dedicherà tutta la sua attenzione solo sul monopattino ignorando tutti gli altri mezzi di micromobilità.
Contro questa obiezione sta quello che già ho scritto sopra, anche un modesto legislatore dovrebbe rendersi conto che era molto più semplice scrivere: “È vietata la circolazione di mezzi di micromobilità differenti dal monopattino così come inquadrato nella L. 160/2019 e nel Decreto Ministeriale delle infrastrutture che ne definisce le caratteristiche tecniche e costruttive”.
Tuttavia, se anche questa interpretazione fosse corretta, questa potrà essere efficace solo dopo che il nuovo Decreto Ministeriale potrà esistere.
Solo mezzi contemplati
Il testo è sempre quello ma potrebbe essere interpretato in modo differente:
Chiunque circola con un dispositivo di micromobilità elettrica, diverso dai monopattini, avente caratteristiche tecniche e costruttive non conformi (…)
Le virgole messe in questo modo possono però essere interpretate anche come aventi valore disgiuntivo: quindi non possono circolare i mezzi diversi dai monopattini o che non hanno le caratteristiche tecniche e conformi al Decreto Ministeriale.
Questa interpretazione giustificherebbe l’infelice prosa involuta del legislatore, e aprirebbe uno scenario doppio: la circolazione è consentita sino a quando non viene scritto il nuovo Decreto Ministeriale, inoltre il Decreto Ministeriale nuovo, comunque, dovrebbe prendere in esame non solo il monopattino ma anche altri mezzi di Micromobilità.
Personalmente e non solo per motivi di partigianeria, propendo per questa seconda interpretazione, perché:
da un lato i divieti devono essere formulati in modo chiaro, quando non è così il principio liberale deve comunque prevalere, nella Repubblica Italiana (stato di derivazione liberale) è tutto consentito quando non è esplicitamente vietato;
perché il mezzo è già esistente ed inquadrato in un Decreto Ministeriale e non si è mai fatto cenno a divieti espliciti.
La mia posizione è, per fortuna, la stessa del Centro Studi della Camera dei Deputati a cui è stato chiesto un esame del Disegno di Legge:
Il comma 2 dell’art. 14 qui in commento è dedicato infine ai dispositivi di mobilità microelettrica diversi dal monopattino (monoruota, segway e hoverboard). Vi si stabilisce che essi non possono circolare se non conformi alle caratteristiche tecniche e costruttive e al di fuori dell’ambito territoriale di sperimentazione indicati in un decreto del MIT. Si ritiene che fino all’emanazione di un nuovo decreto ministeriale valga al proposito l’allegato 1 annesso al decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti 4 giugno 2019, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 162 del 12 luglio 2019.
Sembrerebbe quindi che l’interpretazione più corretta è quella che il nuovo Decreto Ministeriale non si dovrà concentrare solo sui monopattini, ma anche e soprattutto sugli altri mezzi.
E la sperimentazione?
Il testo del comma, dopo il preambolo analizzato, contiene anche una seconda parte che ci deve interessare e che non possiamo eludere:
Chiunque circola con un dispositivo di micromobilità elettrica, diverso (…) ovvero fuori dell’ambito territoriale della sperimentazione di cui al medesimo decreto, è soggetto alla sanzione amministrativa (…)
Ovvero ha valore disgiuntivo,4 quindi è una ulteriore alternativa a quelle precedenti, non dovrebbe essere correlata, in teoria alle precedenti, quindi la circolazione “fuori dell’ambito” di sperimentazione deve essere sanzionata a prescindere dal mezzo.5
Ma esiste ancora un ambito territoriale di sperimentazione? Se in passato questo tema poteva essere oggetto, di volta in volta, di discussioni (al riguardo si può leggere questo mio articolo) oggi non ci sono margini per un dubbio: l’ambito di sperimentazione è cessato, infatti dopo un certo numero di proroghe che sono state concesse, il 27 luglio 2024 in tutto il territorio nazionale,6 anche in quei comuni che correttamente avevano adottato una delibera comunale di proroga dei termini.
Con una affermazione frettolosa, si potrebbe provare a sostenere che, pertanto, non esiste alcun “ambito di sperimentazione” e che quindi si è sempre fuori da questo ambito. Ma in linea di massima è più corretto dire che perché si sia “fuori da un ambito di sperimentazione” è necessario che ve ne sia qualcuno. Se l’impossibilità di avere un “ambito di sperimentazione” provoca l’impossibilità di circolare per i mezzi diversi dal monopattino, di nuovo, semplice sarebbe stato scrivere una norma che diceva: “Sinché il Decreto Ministeriale fisserà l’ambito territoriale di sperimentazione, è inibita la circolazione dei mezzi di micromobilità differenti dai monopattini”.
Per definire gli ambiti di sperimentazione, pertanto, bisognerà aspettare il nuovo Decreto Ministeriale che, a questo punto probabilmente dovrebbe:
indicare quali mezzi differenti dal monopattino possono circolare;
definirne le caratteristiche tecniche e costruttive;
indicare le modalità di utilizzo e quindi gli ambiti territoriali della Sperimentazione;
definire le modalità e i tempi della sperimentazione.
E le sanzioni?
Chi ha iniziato ad usare una monoruota dopo il novembre 2021 non sa che questo mezzo ha sofferto di numerose limitazioni a più ondate. In questa immagine ecco le quattro fasi che, sino ad ora, ha attraversato il nostro mezzo: nella prima fase, tra i 2015 e il 2019 è stato equiparato ad un Segway e quindi ha circolato senza limitazioni di sorta autorizzato da una circolare ministeriale
.
Nella seconda fase, sotto l’alea della “Sperimentazione” è stato limitato alle sole aree pedonali con qualche problema in caso di uscita dalle stesse, per contrasto tra una circolare e una norma di rango superiore.
Poi, purtroppo, con il marzo 2020 è stata scritta una esplicita norma sanzionatoria che riguardava la monoruota (il già richiamato comma 75-quinquies). Ma tale norma è venuta meno il 15 novembre 2021.
Da più di mille giorni (fanno più di tre anni) quindi circoliamo senza che esista una sanzione per chi circola in monoruota. E i casi estremamente sporadici di persone che sono state sanzionate con la violazione prevista dall’art. 190 del d.lg.285/1992 sono il frutto di una ignorante applicazione di una norma venuta meno.7
In tanti anni molti di noi si sono abituati ad essere esplicitamente legittimi, e per quanto la parte responsabile degli utenti non ha mai smesso di desiderare una norma analoga a quella Francese,8 ci siamo anche abituati alla piena legittimità.
Ora invece, in caso di interpretazione a noi ostile non sarà invocata la sezione dell’art. 190 che prevede una sanzione da 26 a 102 euro, bensì, inevitabilmente, quella del comma 2 già richiamato che prevede una sanzione “da euro 200 a euro 800”.9 E per quasi tutti noi, la minaccia pecuniaria non è nemmeno la preoccupazione maggiore, essendoci anche la sanzione accessoria quando il dispositivo “ha un motore termico o un motore elettrico avente potenza nominale continua superiore a 1 kW”.
Chiariamo subito che il problema riguarda certamente la quasi totalità di utenti di monoruota, perché oggi, nel 2024, le pochissime monoruota esistenti con una potenza nominale continua inferiore o pari ad 1kW sono in dismissione. Già la produzione del 2018 riguardava monoruota la cui potenza nominale era superiore a 1 kW, ma a partire dal 2022 sono state realizzate e proposte quasi unicamente monoruota la cui potenza è almeno doppia rispetto ad 1 kW.
La sanzione accessoria
La sanzione essendo accessoria esiste solo nella misura in cui esiste (e resiste) la sanzione principale, il comma 2 fa esplicito riferimento alle norme del così detto Codice della Strada contenute nel “titolo VI, capo I, sezione II”,per quanto ci riguarda gli articoli che interessano il nostro caso sono il 210 e il 213. In questi due articoli vengono statuiti dei principi che marginalmente e con qualche sforzo si possono applicare al nostro caso, che è la confisca di un veicolo legittimo, riconosciuto (sino ad oggi) dal nostro ordinamento, dotato (in molti casi salvo i casi di acquisto diretto da venditori cinesi) di una certificazione CE come richiesto dall’Unione Europea, ma che sta circolando fuori dall’ambito in cui gli è consentito l’utilizzo:
a sanzione concerne il “veicolo”;10
quando scatta la sanzione accessoria della confisca non si è ammessi al pagamento in forma ridotta della sanzione amministrativa;
la confisca deve essere annotata nel verbale che reca la sanzione amministrativa “principale”;
la confisca, comunque, prevede che il proprietario del “veicolo” sia anche il custode del mezzo;
la confisca comporta che il “veicolo” debba “recare segnalazione visibile dello stato di sequestro con le modalità stabilite nel regolamento.11 Di ciò è fatta menzione nel verbale di contestazione della violazione”;12
se chi ha assunto la custodia del veicolo viene nuovamente fermato in circolazione abusiva è prevista la sanzione amministrativa da 1.984 a 7.937 euro:
il provvedimento di confisca è giustiziabile in modo analogo alla sanzione amministrativa, pertanto è possibile il ricorso in via gerarchica, e quello giurisdizionale al Giudice di Pace competente per territorio;
il provvedimento di confisca amministrativa diviene esecutivo e non più impugnabile decorsi i 30 giorni dalla sua notifica al proprietario.13
In generale tuttavia, le norme paiono costrette ad adattarsi con molta fatica alla confisca amministrativa di un bene mobile (non registrato). Del resto la confisca amministrativa del veicolo è quasi sempre la conseguenza di un comportamento penalmente rilevante commesso con il veicolo, è prevista infatti nel caso di:
organizzazione di gare clandestine con veicoli a motore;
esercizio clandestino di “servizio di piazza con veicoli a trazione animale” o con autovettura;
reiterata circolazione con un veicolo sottoposto a sequestro per mancanza di revisione;
circolazione di un veicolo privo della carta di circolazione;
gravissime violazioni delle norme burocratiche concernenti la circolazione sul territorio nazionale di veicoli immatricolati in stati Esteri;
reiterata inversione del senso di marcia sulle rampe e sugli svincoli delle strade;
reiterata guida sotto l’influenza dell’alcol o di sostanze alteranti.
Come si può osservare sono tutti casi di comportamenti particolarmente gravi, in molti casi coincidenti in parte con condotte penalmente rilevanti, o in altri casi la cui gravità risulta maggiore per la reiterazione.
Consentitemi una valutazione personale basata su un elemento meramente soggettivo: la sanzione accessoria della confisca appare abnorme perché chi circola sulla strada pubblica con una monoruota14 sta comunque rispettando il principio del neminem laedere e sta circolando con un mezzo che, quando regolarmente importato nello Spazio Economico Europeo, è provvisto di una marcatura CE.15
Tuttavia sul piano formale non vedo elementi di incoerenza interna che fanno ritenere la scelta di questa sanzione accessoria così difficile da applicare al caso di specie. Più che altro, dal momento che il controllo dovrebbe avvenire in mezzo alla strada, trovo estremamente complicato accertare (per chiunque) quale sia l’effettiva potenza nominale del motore elettrico. Sappiamo, in qualità di utenti esperti, quali sono le potenze massime e nominali dei mezzi che conduciamo, ma questa affermazione non è riportata da alcun documento avente valore e certo la scelta di procedere alla confisca non può affidarsi ad una “sensazione”. In questo caso quasi temeraria sarebbe la scelta del controllore che decide di effettuare tale sanzione e di cui deve dare, nel verbale, un conto dettagliato e analitico che cita le circostanze e consente alla persona sottoposta alla sanzione di esporre le proprie ragioni in modo dettagliato.16
Che fare? Problemi scottanti del nostro movimento.
Negli ultimi quattro anni ho organizzato, insieme ad altri, un raduno che ha portato più di cento monoruota a percorrere più di mille chilometri in Sicilia e attorno all’Etna. Sono venute persone da undici nazioni differenti che hanno scoperto come usare un mezzo da loro amato per le vie della più grande isola del Mediterraneo e per arrivare alle pendici del più grande vulcano attivo d’Europa.
Con associazioni di cui faccio parte abbiamo realizzato gare di monoruota su pista, attraversamenti di regioni, percorsi storici sulle Alpi e moltissime passeggiate in più della metà delle regioni d’Italia.
Ho organizzato la prima cronoscalata in monoruota di cui ho sentito parlare e in tutti questi eventi non è mai successo niente di indesiderato o sgradevole: non uno dei partecipanti ha danneggiato o messo in pericolo un altro utente della strada e non uno di noi partecipanti è stato coinvolto in incidenti con altri veicoli. Ogni volta ho sollecitato l’attenzione di tutti i comuni che abbiamo attraversato e in alcuni casi abbiamo ricevuto assistenza e autorizzazioni formali.
Questa norma scritta in questo modo mette in discussione tutto questo, intimidisce un cittadino che voglia diventare un utente di monoruota e pone ogni utente nel timore di dovere affrontare lunghe discussioni con un controllore del traffico che, comprensibilmente, non riesce ad interpretare questa norma e ben potrebbe darle una lettura ben poco favorevole alla circolazione del mezzo.
Ho scritto così delle brevi note per analizzare la situazione e provare a ipotizzare la situazione che dal 14 dicembre potrebbe riguardare ogni utente di monoruota che voglia circolare per le strade delle nostre città (e non nascosto in una selva selvaggia et aspra e forte, che va benissimo e nella quale molti di noi adorano andare, ma senza trasformare il nostro veicolo in un giocattolo per gite alternative, bensì continuando ad usarlo come mezzo di trasporto che ci consente anche divertenti esplorazioni di territori lontani).
Ci fermano per un controllo
La prima cosa da ricordare è che è obbligatorio fermarsi e sottoporsi ad un controllo da parte della polizia giudiziaria,17 il mancato rispetto di questo ordine comporta la sanzione amministrativa prevista dall’art. 192 comma 7 del c.d. Codice della Strada: il pagamento di una somma da un minimo di € 1.362 ad un massimo di € 5.456.18
Ovviamente non prendo in esame il caso in cui la richiesta di stop non sia preliminare ad una contestazione sulla legittimità di circolazione della monoruota. Ipotizzando che lo stop avvenga dopo il 14 dicembre prossimo venturo (e che quindi avvenga quando la L. 177/2024 è divenuta efficace) ma anche prima che un nuovo Decreto Ministeriale venga emanato, io molto semplicemente proverei a sostenere:
che il mezzo circola legittimamente perché è conforme a quanto previsto dal Decreto Ministeriale 4 giugno 2019;
che il mezzo non è in area pedonale, ma questo non lo pone fuori dell’area di sperimentazione perché tutte le aree di sperimentazione sono cessate e non esiste più alcuna possibilità di istituirne una;
che il mezzo ha un certificato CE, è riconosciuto dall’ordinamento, e quindi è un mezzo atipico che, come previsto dall’art. 59 comma 2 è stato inquadrato da un Decreto nell’ambito della Micromobilità. Pertanto non è applicabile il comma 2-bis e neanche il secondo comma dell’art. 14 della L. 177/2024.
In caso di sanzione
Qualora nonostante i vostri argomenti esposti in modo persuasivo il controllore debba ritenere che il comportamento che state tenendo debba essere sanzionato la prima raccomandazione è quella di fare verbalizzare in modo più che diligente tutte le vostre osservazioni. Con gentilezza insistete sul fatto che non siete prolisso ma che volete essere esaustivo perché la materia è ingarbugliata da norme non coordinate tra loro. Sottolineate, se del caso, che il vostro comportamento era prudente e che la vostra circolazione non stava mettendo in pericolo alcun utente della strada.
E la confisca?
Se per colmo di sfortuna, capitate con un controllore del traffico che ha deciso che potrà pure procedere alla confisca amministrativa del veicolo armatevi di pazienza e corroborate le vostre osservazioni ricordando:
che il mezzo di cui sta procedendo alla confisca è un mezzo pienamente legittimo che risponde completamente a tutte le richieste ministeriali;
che non è vostro compito accertarne la potenza nominale, ma che, in ogni caso, solo qualora la potenza nominale sia superiore a 1 kW la sanzione accessoria è legittima, e che questa potenza deve essere provata in modo sicuro e non tramite illazioni, usate, a questo punto tutti gli argomenti tecnici a vostra disposizione per spiegare che un conto è il picco di potenza del motore e un altro la potenza nominale, poi provate anche a ricordargli che la potenza espressa dal motore è anche dissipata per il funzionamento del giroscopio e che quindi non è semplicemente una potenza motore;
ricordatevi che potete apporre osservazioni anche rispetto alla confisca, fatelo, tutto quello che fate scrivere quando si è in sede di verbalizzazione ha un peso maggiore che dichiarato dopo;
ricordatevi che la regola prevede che siate voi i custodi del mezzo, quindi il mezzo non vi viene tolto, e ricordate anche al controllore (eventualmente) che è per lui obbligatorio adoperare un sigillo che attesti la situazione di confisca amministrativa (in altre parole, pur rimanendo gentili dovete indurre il controllore e chiedersi che sventurata e malaugurata idea ha avuto, nel decidere di fare valere anche la confisca!).
Cosa non fare
Ovviamente non perdete la compostezza, la gentilezza e la pazienza.
Non dichiarate niente che non sia vero, non dichiarate che la potenza della monoruota è inferiore a 1kW se non è vero, ogni dichiarazione falsa vi espone a nuove contestazioni e nei casi più clamorosi potrebbe aprire un procedimento penale.
Non anticipate la scelta di ricorrere od impugnare il verbale, al limite fate balenare questa ipotesi al controllore ma senza dirlo.
Non abbandonate il mezzo, è vostro, avete il diritto di portarlo a casa con voi (se vi hanno fermato fuori dalla banca che avete appena rapinato, però, forse dovrete lasciarlo).
“Un bel dì vedremo”? O forse “Son rimasti senza fiato”?
Siamo portatori di un cambiamento enorme, dopo quasi dieci anni che esiste, il nostro mezzo è ancora visto come un oggetto magico e, a volte, infernale.
Le regole, nelle società moderne come in quelle antiche, cambiano molto lentamente, soprattutto quando il cambiamento appare difficile da comprendere, e in questo senso, difficile da comprendere, il nostro mezzo, lo è. Lo ius vitae et necis del paterfamilias sancito nel diritto romano è stato contemperato solamente con un editto di Costantino, quindi molti secoli dopo, da quando il nostro mezzo è divenuto un prodotto semi industriale in serie da parte di società cinesi molte persone ci vedono ma non ci osservano, qualcuno ci nota ed è incuriosito, molti non capiscono, qualcuno soltanto sa.
La mia speranza, che la semplice genialità di un giroscopio collegato ad un motore diventi almeno consapevolezza comune non è ancora venuta meno. Come scrivo in apertura di paragrafo non ho ancora capito se l’attesa culminerà in una delusione perniciosa o in una gioia che toglie il fiato.
Ovviamente, senza rimanere con le mani in mano, spero che noi si sia personaggi di Gioacchino e non pedine di Gaetano.
Il monopattino
“75. Il monopattino a propulsione prevalentemente elettrica così come definito dal Decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti del 4 giugno 2019, sono equiparati ai velocipedi”
Non era questa una norma complicata, era una norma semplice, chiara, comprensibile, di facile applicazione. Un monopattino è in grado di assolvere agli stessi compiti di una bicicletta, ha gli stessi profili di rischio e potenzialmente può essere utilizzato negli stessi modi.
Con alcune differenze note: se in bicicletta si possono raggiungere senza problemi i 30 o i 40 km/h semplicemente pedalando, nei monopattini che rispettano le caratteristiche del DM già citato, queste velocità sono impossibili.
Prima della nuova norma
Ma per notare le novità introdotte con la nuova versione della L. 160/2019 è il caso di esaminare lo status quo ante intervento. Il monopattino, dopo le novità del 2021 è un dispositivo di micromobilità:
equiparato ai velocipedi;
che circola su strade urbane con limite 50 km/h;
che circola su piste ciclabili;
che circola nelle aree pedonali sino a 6 km/h;
condotto dai maggiori di 14 anni;
i conduttori dai 14 ai 18 anni hanno l’obbligo di indossare un casco;
la sua velocità massima non è superiore ai 20 km/h;
non può avere un posto a sedere e non si possono trasportare persone;
non si può ovviamente posteggiare sui marciapiedi e né sui marciapiedi si può marciare;
deve avere gli indicatori di direzione;19
deve avere un indicatore luminoso per il freno;
deve avere una luce bianca o gialla fissa anteriormente e posteriormente una luce rossa fissa, nel caso lo si voglia utilizzare da mezzo’ora dopo il tramonto e per tutto il periodo dell’oscurità;20
La violazione delle norme di comportamento prevede una sanzione da 50 a 250 euro;
Ma il parcheggio sul marciapiede prevede una sanzione da 87 a 344 euro;21
La circolazione con un monopattino non idoneo invece prevede una sanzione da 100 a 400 euro;
La circolazione con un monopattino più potente 1 kW o con un motore termico prevede la sanzione accessoria della confisca del mezzo.
Con la nuova norma
Nell’approvazione della nuova norma il dibattito parlamentare si è concentrato talvolta sulle ragioni che hanno ispirato questi provvedimenti, le ragioni sono tutte costruite, fabbricate, ispirandosi ad una narrazione molto lontana dalla verità.
Si è detto che il numero dei morti in monopattino è esploso e che gli incidenti aumentano in modo esponenziale niente di tutto questo è vero, come già ho osservato (cfr. supra soprattutto nella nota 2 al testo).
È stato detto quale percorso ha subito la materia: all’intervento nella L. 160/2019 è seguito un primo intervento a fine febbraio 2020, un secondo a novembre 2021 ed il 20 novembre è stata disposta la terza modifica della L. 160/2019 nei commi 75 e seguenti.
Queste sono le modifiche effettive:
sostituzione del richiamo dal Decreto Ministeriale del 4 giugno 2019 con un Decreto Ministeriale generico che potrà essere sostituito senza che venga meno l’efficacia della disposizione di legge;
obbligo per i monopattini a noleggio di installare un sistema automatico che impedisca il funzionamento dello stesso fuori dalle aree legittime per il noleggio;22
obbligo di apporre un “contrassegno” sui monopattini e divieto di circolazione in assenza di contrassegno (comma 75-quater e 75-vicies quater).
obbligo di stipulare una copertura assicurativa (comma 75-quater e 75-vicies quinquies).
obbligo di un casco per tutti gli utilizzatori;23
obbligo di circolare solo ed unicamente su strade urbane con limite di velocità non superiore a 50 km/h, questo automaticamente comporta il divieto di circolare:
su tutte le strade ciclabili (che sono classificate in modo differente dalle strade urbane);
su tutte le strade provinciali, statali o comunali, che sono classificate come “extraurbane”.
Il contrassegno o targa
La questione del contrassegno è disciplinata dal comma 75-viciesquater24 nel quale viene stabilito che:
il contrassegno sarà plastificato e non rimovibile, stampato dall’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato;
i contrassegni saranno venduti (per il costo della produzione più un sovrapprezzo e tutto questo sarà deciso con un Decreto congiunto del MIT sentito il Ministero delle Finanze;
la combinazione alfanumerica del contrassegno sarà decisa da un applicativo informatico dedicato;25
ogni contrassegno è associato ad informazioni anagrafiche e relative alla residenza, i titolari dei contrassegni hanno l’obbligo formale di comunicare il cambiamento della residenza o della sede;
viene previsto che le informazioni relative ai contrassegni confluiscano nell’archivio nazionale dei veicoli;26
si deduce (anche se non è dichiarato esplicitamente) che ogni contrassegno dovrà essere collegato ai dati anagrafici e alle residenze.
Ovviamente è anche previsto che la produzione di contrassegni falsi sia punita con una sanzione amministrativa da 430 a 1.731 euro (viene richiamato l’art. 101 del CdS nel suo comma 5).
L’assicurazione
La copertura assicurativa è prevista come obbligatoria dal comma 75-vicies quinquies27 che prevede una assicurazione che riguardi la responsabilità civile verso terzi come prevista dall’art. 2054 del codice civile.
Il richiamo all’art. 2054 è un vero e proprio richiamo alla responsabilità aquilana e al principio codicistico che prevede come, in caso di sinistro tra veicoli si debba presumere una responsabilità pari tra ogni veicolo coinvolto.
In altre parole, la riforma non tiene conto di una raccomandazione dell’Unione Europea che prevede come coperture assicurative, debbano valutare, nel determinare le polizze, la pericolosità del mezzo, l’effettiva potenzialità offensiva del mezzo.28 Qualora questo venisse fatto si arriverebbe alla conclusione che, effettivamente, massimali coperti e probabilità di dovere attivare la tutela assicurativa sono meno probabili che con le automobili.
Una raccomandazione non è vincolante, ma, nel processo legislativo dell’UE è il primo passo per arrivare ad una direttiva che spesso è stato il primo passo per poi generare un Regolamento. Il rischio quindi, ignorando una raccomandazione, è che si crea una norma che dovrà poi essere disapplicata per il rispetto del diritto comunitario.
In ogni caso sembra potersi affermare che l’assicurazione debba tutelare non il conduttore ma il veicolo, dato che non è possibile mettere in circolazione un monopattino se non è coperto dall’assicurazione come dice il comma citato. Questo non è un indirizzo univoco, ma sembra presagire che in teoria se il proprietario di un monopattino decida di cedere a qualcuno il proprio monopattino questo, per potere circolare, deve essere ancora tutelato dalla assicurazione.
Nel silenzio del legislatore, ovviamente, è ben possibile per le imprese di assicurazione stipulare ogni sorta di clausola sul tema, ma nel richiamare il c.d. Codice delle assicurazioni private, diviene valido il riferimento all’art. 128 di questo codice nel quale sono indicati i massimali di garanzia per le polizze assicurative. L’articolo reca:
1. Per l'adempimento dell'obbligo di assicurazione per la responsabilità civile dei veicoli a motore e dei natanti, il contratto è stipulato per somme non inferiori ai seguenti importi: a) nel caso di danni alle persone un importo di euro 6.450.000 per sinistro, indipendentemente dal numero delle vittime; b) nel caso di danno alle cose, euro 1.300.000 per sinistro, indipendentemente dal numero delle vittime;
E così diventa evidente il senso della raccomandazione dell’Unione Europea. Il legislatore in questo momento sta classificando il monopattino come un mezzo la cui pericolosità è del tutto analoga a quella di una automobile, il che è chiaramente contrario ad ogni elemento di fatto: massa, velocità massima, e ambito di circolazione rendono evidente che la pericolosità è minore a quella attribuibile ad un automobile.
Inoltre, di nuovo, non si può fare a meno di notare che il legislatore senza attribuire al monopattino lo status di veicolo e senza attribuirgli i privilegi, gli sta invece attribuendo gli oneri che spettano a quest’ultimo.
La limitazione delle strade urbane e relativi divieti
Il senatore Roberto Rosso nel 2021 ha lavorato per approvare la seconda riforma della L. 160/2019. Quella grazie alla quale si sono imposte le frecce e sono stati ribaditi, come se fossero nuovi, i vecchi divieti (circolare contromano, circolare sul marciapiede…).
Nel suo discorso di prolusione alla legge ha affermato che i monopattini sono il maggiore problema nella circolazione stradale e che le città sono messe in pericolo da questi mezzi. Non ha quindi mai visto la micromobilità elettrica con alcun favore né ha mai mostrato di informarsi sugli elementi di fatto che la caratterizzano. Infatti, al di là delle considerazioni personali, le affermazioni del senatore erano false e lo sono tutt’ora.
Tre anni dopo, questa norma ha assunto un atteggiamento di penalizzazione del mezzo che, tuttavia, persino il senatore Rosso ha trovato eccessivo e ha obiettato in aula come sia illogico e insensato che un monopattino, che circola a 20 km/h, non possa percorrere le piste ciclabili mentre una bicicletta usufruisce di percorsi finanziati dall’UE nei quali può tenere una velocità superiore a quella che deve tenere il monopattino.29
L’ambito di circolazione è chiaramente sancito dall’art. 75-terdecies che reca:
I monopattini a propulsione prevalentemente elettrica possono circolare solo su strade urbane con limite di velocità non superiore a 50 km/h.
A leggere solo questo comma, saremmo autorizzati a ritenere che, la circolazione del monopattino è inibita anche nelle aree pedonali, ma il comma successivo, il quaterdecies implicitamente rende lecita la circolazione in aree pedonali:
I monopattini a propulsione prevalentemente elettrica non possono superare il limite di velocità di 6 km/h quando circolano nelle aree pedonali. Non possono superare il limite di 20 km/h in tutti gli altri casi di circolazione di cui al comma 75-terdecies.
Il testo di questo comma è stato stabilito con la L. 158/2021, è quindi probabile che nello scrivere la L. 177/2024 gli estensori non hanno notato che esisteva questo comma e quindi, pur non volendolo, non lo hanno modificato, rendendo così possibile, ancora, la circolazione in area pedonale.
Memento
L’obbligo della copertura assicurativa, in teoria, scatta già dal 14 dicembre.30 Mentre per quello relativo al contrassegno bisognerà aspettare non solo che venga scritto il Decreto Ministeriale relativo, ma persino che fisicamente questi inizino ad essere disponibili. Analogamente per quanto riguarda l’ambito di circolazione, già dal 14 dicembre la circolazione su piste ciclabili non è più consentita.
Le frecce, lo stop, la marcatura CE
È il caso di ricordare che le frecce sono già obbligatorie per tutti i mezzi dal 1 gennaio 2024 così come la luce di stop, e così come il monopattino, per potere circolare, deve avere una idonea marcatura CE.
Marcatura che, chiaramente, si perde, quando si interviene con una batteria supplementare o quando si modifica il circuito elettrico ed elettronico del veicolo.
Dopo il primo decreto ministeriale del 4 giugno 2019, reso possibile da una norma della Legge finanziaria del 2019 (adottata nel dicembre 2018), abbiamo avuto un secondo intervento con la Legge 160/2019, la Legge finanziaria del 2020), un terzo intervento che ha modificato la Legge finanziaria nel febbraio 2020. Ma questa legge è stata modificata di nuovo con il quarto intervento deciso a novembre 2021. A novembre del 2024 si è deciso quindi il quinto intervento che ha modificato di nuovo la Legge Finanziaria del 2020 senza intervenire con una norma espressamente dedicata, o con una riforma del così detto Codice della strada.
Prime analisi ma basate comunque su stime e valutazioni ipotetiche, infatti i dati sulla micromobilità sono complicate da due fattori: innanzitutto non c’è che una ipotesi frutto di stima per il parco di dispositivi circolanti, in secondo luogo i dati vengono raccolti solo a partire dal 2021, quindi con il 2023 abbiamo solo il secondo anno di dati raccolti. In ogni caso secondo le valutazioni fatte dall’Osservatorio Mobilità il monopattino (ovviamente non sono raccolti dati sugli altri mezzi) è un mezzo la cui incidenza negli incidenti urbani è pari o minore a quella di altri mezzi a lui comparabili (i velocipedi). E rimane, ovviamente, molto minore rispetto a quella degli altri mezzi che provocano la quasi totalità degli incidenti: automobili e motocicli. Ne ho già scritto a questo numero della mia newsletter.
Questa è la vecchia formulazione del comma 75-quinquies scritto dalla L. 8/2020 del 28 febbraio, con la quale il Parlamento ha convertito in Legge il Decreto Legge “Milleproroghe”. Ecco il vecchio testo del comma 75-quinquies: “Chiunque circola con un dispositivo di mobilità personale avente caratteristiche tecniche e costruttive diverse da quelle definite dal decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti 4 giugno 2019, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.162 del 12 luglio 2019, ovvero fuori dell'ambito territoriale della sperimentazione di cui al medesimo decreto è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 100 a euro 400. Alla violazione consegue la sanzione amministrativa accessoria della confisca del dispositivo, ai sensi delle disposizioni del titolo VI, capo I, sezione II, del codice di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, quando il dispositivo ha un motore termico o un motore elettrico avente potenza nominale continua superiore a 2 kW.” Si noti come fondamentalmente è lo stesso comma con un aumento dei limiti edittali delle sanzioni e una diminuzione del limite di potenza del mezzo.
Si confronti al riguardo il dizionario Treccani che è consultabile online.
Però deve essere osservato che la “Sperimentazione” dal gennaio 2020 non ha più riguardato i monopattini
La fine della sperimentazione è disciplinata dal primo comma dell’art. 7 del DM del 4 giugno 2019 che recita: “La sperimentazione dei dispositivi per la micromobilità elettrica può essere autorizzata entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto e deve concludersi entro e non oltre ventiquattro mesi decorrenti dalla medesima data.” Il Decreto che reca la data del 4 giugno è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 162 del 12 luglio 2019, pertanto il DM è “entrato in vigore” (sarebbe più corretto scrivere che è divenuto efficace o obbligatorio, come recita l’art. 10 delle Preleggi del Codice civile) il 27 luglio 2024.
A richiamare l’applicazione del comma 10 dell’art. 190 del d.lg. 285/1992 è il comma 7 dell’art. 6 del citato Decreto Ministeriale ancora valido. Tuttavia questo articolo e questo comma sono applicabili solo nell’ambito della “Sperimentazione” in caso di utilizzo del mezzo fuori dall’ambito di sperimentazione ci si deve riferire alle sanzioni generali previste dal Codice della Strada.
In Francia la monoruota è riconosciuta in quando dispositivo di mobilità personale ed è formalmente inquadrata tra i mezzi previsti dal Codice della Strada. In Italia e in Francia stessa circolano ovviamente interpretazioni fantasiose e creative della Legge, nonostante questa sia accessibile a chiunque e persino riassunta ottimamente dal Governo stesso in questa (e altre) pagina.
È il caso solo di accennare che, comunque, il pagamento della sanzione amministrativa in questi casi è sempre possibile nella forma ridotta di un terzo come previsto dalla L. 689/1981. Quindi i limiti edittali diventano da 67 a 267 euro. Tuttavia nel caso in cui la sanzione sia accompagnata da quella accessoria della confisca, il pagamento in forma ridotta viene meno (cfr. oltre nel § La sanzione accessoria)
In linea teorica si potrebbe rilevare una prima aporia dell’ordinamento: se infatti l’art. 210 infatti parla chiaramente di veicolo, le norme relative alla micromobilità con consapevolezza evitano sempre il termine veicolo dirigendosi sul più generico dispositivo. Il motivo è semplice: i veicoli sono quelli censiti dal c.d. Codice della Strada e ammessi alla circolazione (ciascuno con modalità proprie), invece non si intende realizzare quel passaggio (già avvenuto nei Paesi che hanno accolto i dispositivi di mobilità personale) da oggetto misterioso, a veicolo normato nell’ordinamento. La contraddizione però in linea teorica non impedisce che in forza del richiamo, un dispositivo non sia sanzionato come un veicolo.
Il riferimento è al DPR 495/1992 che è il regolamento attuativo del Codice della Strada, tuttavia non ho trovato le norme specifiche di riferimento.
estratto dall.art. 213 comma 2 del c.d. Codice della Strada.
Per quanto il proprietario possa non coincidere con chi materialmente ne ha la detenzione al momento del controllo, deve sottolinearsi come le norme sono chiaramente scritte e pensate per veicoli registrati: gli articoli sono pieni di riferimenti al PRA e alla Carta di circolazione. In quel caso il proprietario risulta chiaramente da un documento pubblico. Nel caso di una monoruota invece siamo in presenza di un bene mobile non registrato per cui il possesso presume la proprietà.
Ovviamente si sta prendendo in esame il caso di chi circoli senza violare alcuna norma, tenendo una velocità moderata e dentro i limiti previsti per quella strada, quindi non vale, questo discorso, per chi sta procedendo contromano su una pista ciclabile, chi sta facendo zig zag in un’area pedonale, o chi sta procedendo su un marciapiede o in senso vietato su una strada, o, ovviamente, per chi sta procedendo ad una velocità superiore ai 45 km/h. (il riferimento alla velocità è provocato dalla lettera a) del secondo comma dell’art. 47 del c.d. Codice della Strada che prevede la classificazione dei veicoli).
La richiesta di una corretta marchiatura CE è prevista dalle norme generali dell’UE ed è esplicitamente obbligatoria ai sensi dell’attuale DM (e comunque il nuovo DM non potrà affermare al riguardo qualcosa di diverso). Tuttavia, il produttore cinese non è tenuto ad apporre alcuna marchiatura e infatti non rispetta questo obbligo. L’obbligo quindi ricade sull’importatore che deve procedere ad un procedimento il cui risultato finale è quello di apporre il marchio CE che contiene il numero seriale del veicolo, la norma di riferimento per la certificazione, il numero identificativo dell’organismo di certificazione. In mancanza di una marcatura CE il dispositivo/veicolo non potrà mai legittimamente circolare su via pubblica e non potrebbe essere commerciabile.
art. 200 comma 2 del c.d. Codice della Strada
La nozione di polizia giudiziaria comprende ogni forza di polizia e quindi anche, nell’esercizio del controllo del traffico, i vigili urbani
La giurisprudenza consolidata prevede che la sola non ottemperanza a questo ordine non fa scattare il reato previsto dall’art. 337 c.p. di resistenza a pubblico ufficiale.
A partire dal 1 gennaio 2024 la norma vale per tutti i monopattini circolanti.
Il periodo dell’oscurità (sic) non è disciplinato nel Codice della Strada che, pertanto riguarda l’uso dei dispositivi di “segnalazione visiva” ne prescrive l’uso (ai sensi dell’art. 153) da mezz’ora dopo il tramonto sino a mezz’ora prima dell’alba. La stessa norma è ribadita (art. 182) anche per i velocipedi.
Il comma 75-vicies semel che prevede questa sanzione si richiama all’art. 158 comma 5, che reca: “Chiunque viola le disposizioni del comma 1 e delle lettere d), h) e i) del comma 2 è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da € 41 a € 168 per i ciclomotori e i motoveicoli a due ruote e da € 87 a € 344 per i restanti veicoli.” il monopattino pur essendo un veicolo a due ruote, non è un motoveicolo, si è quindi costretti a ritenere che, per quanto illogica e immotivata, la sanzione prevista è quella più elevata prevista per gli altri veicoli.
Tale sistema automatico richiesto oggi dal comma 75-ter funziona solamente per chi sostituisce la tecnologia con la magia: nelle città italiane e ancor più nelle città storiche qualsiasi GPS anche il più preciso, ha noti problemi di accuratezza che possono superare anche più di 1 km. Questo indipendentemente dalla volontà di chi configura il servizio e da quella di chi ne usufruisce.
Ovviamente un casco che rispetti la norma tecnica UNI EN 1078 o UNI EN 1080 (così prevede il comma 75-novies). Quelli comunemente indicati come “caschi da bici” la norma UNI EN 1078:2013 reca il titolo “Caschi per ciclisti e per utilizzatori di tavole a rotelle (skateboards) e pattini a rotelle” il riferimento alla norma UNI EN 1080 è invece errato perché riguarda i caschi per bambini (che non possono condurre il monopattino).
Ecco il testo completo del comma: “I proprietari dei monopattini a propulsione prevalentemente elettrica hanno l’obbligo di chiedere il rilascio di apposito contrassegno identificativo adesivo, plastificato e non rimovibile, stampato dall’Istituto poligrafico e Zecca dello Stato secondo le modalità previste con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sentito il Ministro dell’economia e delle finanze, che stabilisce altresì il prezzo di vendita dei contrassegni, da versare all’entrata del bilancio dello Stato per la successiva riassegnazione alla spesa, da destinare a compensazione del costo di produzione con una quota di maggiorazione da utilizzare esclusivamente per le attività previste dall’articolo 208, comma 2, del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285. I criteri e le modalità per la stampa e la vendita dei contrassegni nonché i criteri di formazione delle specifiche combinazioni alfanumeriche sono stabiliti dal Dipartimento competente del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, sentito il Ministero dell’interno, al fine di assicurare la tutela degli interessi dell’ordine pubblico. La specifica combinazione alfanumerica univoca da stampare sul supporto è generata dal Dipartimento competente del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti tramite un applicativo informatico dedicato. L’archivio nazionale dei veicoli, di cui all’articolo 225, comma 1, lettera b), del citato codice di cui al decreto legislativo n. 285 del 1992, tiene nota della combinazione alfanumerica rilasciata e dei dati anagrafici del proprietario del monopattino a questa associato. Salvo che il fatto costituisca reato, a chiunque abusivamente produce o distribuisce i contrassegni di cui al presente comma si applicano le sanzioni previste dall’articolo 101, commi 5 e 6, del citato codice di cui al decreto legislativo n. 285 del 1992. Il contrassegno deve essere esposto in modo visibile. Il proprietario ha l’obbligo di comunicare il cambiamento della residenza o della sede secondo le disposizioni dell’articolo 97, comma 3-bis, del citato codice di cui al decreto legislativo n. 285 del 1992, in quanto compatibili.”
Questa espressione denuncia in modo clamoroso come la cultura informatica del legislatore ha un ritardo misurabile in molti lustri. Nel 2024 certamente l’espressione “applicativo informatico” è ambigua e l’apposizione “dedicato” non significa niente o significa qualcosa di abnorme.
In maniera assolutamente inconsapevole il legislatore introduce ancora una volta una novità, il monopattino smette di essere un dispositivo e diventa un veicolo. L’anomalia a questo punto è che è sì un veicolo e sì equiparato ad un velocipede (ma con ampie limitazioni di utilizzo e molti più oneri) ma non è previsto e classificato dal Codice della Strada che, ancora una volta, mostra di essere un codice solo di nome ma né di fatto né di diritto.
Questo il testo del comma: “I monopattini a propulsione prevalentemente elettrica non possono essere posti in circolazione se non sono coperti dall’assicurazione per la responsabilità civile verso terzi prevista dall’articolo 2054 del codice civile. Si applicano le disposizioni del titolo X del codice delle assicurazioni private, di cui al decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209”
Questa vicenda si inserisce in un articolato e complesso problema che può essere valutato solo tenendo conto di più fattori. Le polizze devono essere determinate tenendo conto dell’alea contrattuale del rischio di incidente e dell’ammontare dei danni prevedibili sulla base dei dati storici calcolati matematicamente da un attuario (cfr. Treccani, significato 2). Se si invoca il principio ex articolo 2054, di fatto, si stanno autorizzando le compagnie assicurative, a valutare il profilo di rischio del monopattino, così come se fosse un’automobile. Di questo errore i parlamentari redigenti, si erano resi conto e avevano per questo presentato un emendamento che mirava a determinare le modalità d questa copertura assicurativa, solo a seguito di un Decreto Ministeriale. Tuttavia l’input del Governo pare essere stato quello di approvare la norma con gli errori pur di approvarla (visto che questo errore è stato ravvisato solo in sede di lettura al Senato, modificare il DDL comportava un ritorno alla Camera per una nuova votazione e quindi rimandare di molti mesi una eventuale approvazione).
Al riguardo va ricordato che l’UE ha raccomandato e finanziato anche la costruzione di piste ciclabili che collegano differenti centri urbani e che, sul punto esiste il DM del 30 novembre 1999 dove il Ministero ha determinato le regole tecniche per la realizzazione di piste ciclabili dove si ricorda che la velocità massima di 25 km/h per una pista ciclabile vale per le aree urbane (e quindi non per le aree extra urbane).
Rimane invariato, con la L. 177/2024 il comma 75-vicies ter che è divenuto totalmente inutile. Questo il testo del comma, tutt’ora presente e in vigore: “Il Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, in collaborazione con il Ministero dell'interno e con il Ministero dello sviluppo economico, avvia apposita istruttoria finalizzata alla verifica della necessità dell'introduzione dell'obbligo di assicurazione sulla responsabilità civile per i danni a terzi derivanti dalla circolazione dei monopattini elettrici. Il Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili trasmette alle competenti Commissioni parlamentari una relazione sugli esiti dell'attività istruttoria di cui al primo periodo entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione.” Inutile dire che la scelta di obbligare i mezzi ad una assicurazione non è stata effettuata al seguito di alcuna istruttoria.